Aprire nuove strade al futuro in Terra Santa
Il suo libro «La sfida di Gerusalemme» (LEV ed edizioni e/o) è il frutto di un importante pellegrinaggio che ha fatto in Terra Santa. Quali sono stati gli incontri che hanno segnato il suo cammino spirituale?
Innanzitutto, devo parlare del mio incontro con una terra, con l’aspetto mediorientale del Cristianesimo, che contrasta con quello che viviamo in Europa. Ho incontrato la dimensione bucolica e pastorale dei Vangeli, che conferisce piena forza alle metafore usate nella Bibbia. Poi, naturalmente, c’è stato l’incontro al Santo Sepolcro, il più importante, il momento in cui ho sentito incomprensibilmente la presenza di Gesù. Quell’incontro ha stravolto il mio essere cristiano, da intellettuale è diventato carnale, da scelta è mutato in necessità. I Vangeli mi avevano toccato profondamente e non riuscivo a smettere di pensare a come il Cristianesimo fosse diverso dalle altre religioni. Improvvisamente, l’esperienza mi ha messo di fronte a una forma di necessità e la mia fede è diventata una volontà di accettare la realtà. Per me non c’è più nulla di opzionale nel Cristianesimo. Il Cristianesimo non è un’opzione, ma una necessità! Devo anche menzionare due persone con cui ho avuto molti contatti: la guida ebrea Gila, che è stata estremamente accogliente, e un sacerdote, padre André, un uomo di fede che è stato allo stesso tempo un pastore e un intellettuale. Padre André, giunto dall’isola di La Réunion con altri pellegrini, aveva vissuto a Betlemme al servizio dei bambini, e l’emozione del suo ricongiungimento con la gente del posto mi ha mostrato l’importanza di mantenere i legami con la gente della Terra Santa, per semplice sollecitudine verso gli altri, con amore, come fanno i Membri dell’Ordine del Santo Sepolcro.
Ha anche incontrato il Patriarca Latino di Gerusalemme. Su cosa si è concentrata la vostra conversazione?
Mi ha colpito la sua comprensione non giudicante delle situazioni complesse e tragiche della Terra Santa. La sua capacità di essere sé stesso, cioè profondamente cristiano, nel mezzo di questa complessità, apre strade per il futuro. A mio avviso, il suo atteggiamento è caratterizzato dall’accettazione della convivenza e dal desiderio di creare un percorso di condivisione. La Terra Santa può appartenere a un solo popolo o è la terra di Dio e quindi di tutti? La sfida di Gerusalemme è che questa città ci chiama a essere fratelli e a non essere fratricidi. Su questa terra dove sono nate due religioni monoteiste, quella ebraica e quella cristiana, e che è molto importante anche per i musulmani, Dio – dopo aver detto a lungo “ascoltatemi”, “ascoltatemi” – si ritira e ci dice “ascoltatevi a vicenda” ... Dobbiamo raccogliere la sfida di ascoltarci a vicenda.
La drammatica situazione in Terra Santa iniziata il 7 ottobre 2023 potrebbe infine rappresentare un richiamo in favore della pace tanto auspicata?
Sono un ottimista tragico. Il progresso nella storia non è dato dalla voglia di fare il bene, quanto dalla volontà di evitare il male. Credo che la vera forza motrice della storia sia la catastrofe. La catastrofe fa reagire gli uomini, che così cercano un modo per evitare che questa si ripeta. Gli uomini non sono mossi dalla volontà di fare del bene, ma dalla volontà di fare il male minore. In questo senso, mi sembra che la morsa assoluta, l’impossibilità di vivere insieme a cui stiamo assistendo in Terra Santa, provocherà un salutare risveglio, ma al costo di quanti morti? È la filosofia della storia di Immanuel Kant, con cui immagina modi per regolare il male radicale. Nel suo saggio Per la pace perpetua, pubblicato nel 1795, egli dimostra che il male è alla radice del progresso, del meglio e del bene.
Maria di Nazareth ha sperimentato l’amore del Padre Celeste per lei, un amore che le ha donato una grande libertà e pace interiore, permettendole di sfuggire al mondo delle apparenze e di vivere umilmente alla luce della volontà di Dio. È capitato anche a lei di sperimentare l’amore di Dio per lei in Terra Santa, come fonte di una pace profonda che rende pienamente liberi?
Devo ammettere che questo amore di Dio per me, per noi, non mi trasmette pace ma mi impressiona, mi sento totalmente indegno e sono ancora un po’ sbalordito dall’esperienza spirituale che ho vissuto a Gerusalemme. Sono ancora all’inizio del cammino, ma sono certamente in movimento, consapevole delle mie mancanze, consapevole di quanto ancora devo avanzare... In fondo, il cuore dell’esperienza del pellegrino è questo sconvolgimento interiore provocato dalla presenza dell’amore più grande, che ci rimette in moto verso qualcosa di diverso da ciò che è stato importante per noi fino ad ora, che ci orienta verso ciò che è essenziale!
Quale messaggio vorrebbe rivolgere ai Membri dell’Ordine del Santo Sepolcro, il cui sguardo interiore è costantemente rivolto a Gerusalemme?
Incoraggio i Cavalieri e le Dame dell’Ordine ad accogliere la loro identità. Se saranno pienamente loro stessi nella luce, sia umili che orgogliosi, allora saranno trasparenti e testimoni della bella missione che hanno ricevuto. Auguro loro davvero di essere orgogliosi di essere umili! In questa dinamica spirituale, possano essere sempre più mediatori di pace attraverso il sostegno morale e materiale che danno alle popolazioni in difficoltà della Terra Santa.
Intervista a cura di François Vayne
(Aprile 2025)