«Cristo non è assente da Gaza»
«Cari fratelli e sorelle, il Patriarca Teofilo III ed io siamo tornati da Gaza con il cuore spezzato. Ma anche incoraggiati dalla testimonianza di molte persone che abbiamo incontrato», così ha esordito il Patriarca Pizzaballa nel discorso che ha tenuto alla conferenza stampa del 22 luglio di ritorno dalla visita di tre giorni a Gaza dopo l’attacco subito presso la Chiesa della Sacra Famiglia, unica parrocchia latina di Gaza dove, da più di 20 mesi trovano rifugio le poche centinaia di cattolici rimasti nella Striscia, insieme ad altri cristiani.
«Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque [...] eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi. Abbiamo incontrato madri che preparavano da mangiare per gli altri, infermiere che curavano le ferite con gentilezza e persone di tutte le fedi che continuavano a pregare il Dio che vede e non dimentica mai».
Fra quelle rovine ed edifici crollati, il ricordo dei tre morti del recente attacco che ha lasciato anche altri feriti, alcuni ancora in gravi condizioni. Che la morte che tragicamente tocca tanti a Gaza ci permetta qualche parola per ricordare invece la potenza e la bellezza della vita vissuta da questi tre cristiani.
Di Saad Salameh, Sami El-Yousef, amministratore delegato del Patriarcato Latino racconta che era «un gentiluomo sempre con un gran sorriso e un atteggiamento cortese». Aveva problemi cardiaci ed è stato un beneficiario del programma di assistenza di medicinali e del programma di creazione di posti di lavoro a Gaza, entrambi finanziati dall’Ordine del Santo Sepolcro. Fumia Ayyad, 86 anni, aveva lavorato per tutta la sua vita come insegnante e preside per le scuole pubbliche e dell’UNRWA. La sua casa era stata completamente distrutta nelle prime settimane di guerra e da allora si era trasferita nel complesso della Sacra Famiglia. «Ha avuto decine di migliaia di studenti nel corso della sua carriera che la ricordano come un’insegnante appassionata e premurosa», ha commentato Sami El-Yousef. Infine Najwa Abu Daoud che aveva perso pochi mesi fa il marito a causa del mancato accesso alle cure sanitarie. Anche lei, a causa del diabete e dell’alta pressione è stata per molti anni parte del programma di distribuzione di medicinali finanziato dall’Ordine del Santo Sepolcro, come anche uno dei suoi quattro figli, Hani, per un problema di insufficienza renale che, purtroppo, è stato la causa della sua morte durante questi mesi di guerra, sempre per l’impossibilità di essere curato.
«Cristo non è assente da Gaza», ha detto commosso il Patriarca Pizzaballa. «È lì, crocifisso nei feriti, sepolto sotto le macerie eppure presente in ogni atto di misericordia, in ogni candela nell'oscurità, in ogni mano tesa verso chi soffre». Riviene alla mente l’immagine del fratello steso su un letto che, durante la visita di Sua Beatitudine a Gaza, ha preso in mano il crocifisso del Cardinale Pizzaballa che ha baciato con fede e amore.
Dalla croce alla croce.
«La Chiesa, l'intera comunità cristiana, non abbandonerà mai» la gente di Gaza, ha detto il Patriarca Pizzaballa senza mezzi termini. E in questa vicinanza della Chiesa tutta, l’Ordine si sente particolarmente rappresentato. Il sostegno costante di questi anni a questo piccolo gregge di Gaza attraverso progetti specifici, sostegno all’educazione, aiuti umanitari, programma di distribuzione di medicinali e di creazione di impiego, rende la comunità cattolica di Gaza vicina al cuore e alle preghiere di tutti i Cavalieri e Dame: una comunità con volti, nomi e cognomi. E se conosciamo i fratelli e sorelle cattolici più da vicino, è tuttavia «importante sottolineare e ripetere – riprendendo le parole del Patriarca e Gran Priore dell’Ordine del Santo Sepolcro - che la nostra missione non è rivolta a un gruppo specifico, ma a tutti. I nostri ospedali, rifugi, scuole, parrocchie – San Porfirio, la Sacra Famiglia, l'ospedale arabo Al-Ahli, la Caritas – sono luoghi di incontro e condivisione per tutti: cristiani, musulmani, credenti, scettici, rifugiati, bambini».
Le parole del Cardinale Pizzaballa verso la conclusione sono poi risuonate chiare e nette: «È ora di porre fine a questa assurdità, di porre fine alla guerra e di mettere al primo posto il bene comune delle persone». E infine: «Non trasformiamo la pace in uno slogan, mentre la guerra rimane il pane quotidiano dei poveri».
A lui fa eco il Gran Maestro dell’Ordine, Cardinale Fernando Filoni, che ha concluso guardando in avanti: «Noi non possiamo rassegnarci né all’odio né ai rancori che a volte sembrano dominare e prevalere».
(24 luglio 2025)