La Chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo

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Sant'Onofrio al Gianicolo - 2

In uno dei luoghi più suggestivi di Roma, nel mezzo della passeggiata su quel colle il cui territorio assunse ufficialmente il nome di Gianicolo con il decreto del Consolato Romano in data 7 marzo 1798, come Sezione del Rione II Trastevere, sorge la chiesa di Sant’Onofrio.

La sua costruzione ebbe inizio nel 1419, anno in cui il Beato Nicola da Forca Palena, trovandosi a Roma in pellegrinaggio, sentì il desiderio di ritirarsi a vita monastica aggregandosi ad una comunità di eremiti. Dopo aver acquistato alcuni terreni grazie alle donazioni di numerosi fedeli, fece realizzare un romitorio dedicato a Sant’Onofrio, eremita ed anacoreta del secolo IV. Vent’anni dopo si intrapresero nuovi lavori che porteranno la chiesa alle sue vesti contemporanee, arricchite da un completamento del secolo XVI. Riguardo l’accesso, nel 1446, per rendere l’edificio sacro facilmente raggiungibile dai fedeli, venne edificata la salita che prende il nome del santo a cui la chiesa è dedicata. La strada venne poi meglio sistemata nel 1588 da Sisto V, il papa marchigiano che ebbe a cuore la risistemazione urbanistica di Roma, e lastricata da Clemente VIII nel 1600. La chiesa attraversò, poi, nel corso degli anni, diversi lavori di rifacimento e ristrutturazione, culminati in quelli del 1946.

Oggi, l’accesso alla chiesa avviene tramite un cancello che immette ad un sagrato, un giardino fiorito che precede la chiesa, chiuso su due lati dalle arcate di un portico rinascimentale.

L’interno della chiesa è costituito da un’aula rettangolare con volte a crociera, che termina con un’abside poligonale, di aspetto rinascimentale ma tuttavia di fattezze ancora gotiche, e cinque cappelle laterali. All’interno del convento si trova un piccolo chiostro, costruito nel periodo della fondazione, dove morì nell’aprile del 1595 Torquato Tasso, povero e ormai prigioniero di una decadenza avanzata della sua mente, tanto è vero che - come ricorda Margherita Naval nella sua raccolta di leggende, aneddoti e curiosità, intitolata a Roma si racconta che… - una volta era prassi, tra il popolo romano, quando si voleva indicare una persona un po’ «strana e bizzarra», toccarsi la fronte con l’indice dicendo «è di Sant’Onofrio».

La peculiarità di questa chiesa è quella di essere un luogo dove storia, fede, cultura e arte si incontrano. Nel convento, infatti, si trovano numerosi pezzi artistici.

Partendo dal portico, sul lato di destra, si trova la cappella affrescata della Madonna del Rosario eretta dal patrizio di Imola, Guido Vaini. In tale cappella, con facciata barocca fastosamente ornata, posta a “chiusura” del chiostro, è murata, su un lato, la pietra tombale del Beato Nicola da Forca Palena.

Tre delle lunette del portico sono affrescate con il ciclo decorativo delle Storie della vita di San Gerolamo del Domenichino. Il committente è il cardinale Girolamo Agucchi, che, sotto intercessione del fratello Giovan Battista (protettore del Domenichino), incaricò del lavoro il grande pittore barocco di estrazione emiliana. La datazione dell’affresco è da collocarsi tra il settembre del 1604 e l’aprile del 1605. Per quanto riguarda lo stile dell’esecuzione la critica è concorde nel rilevare una forte ispirazione da Annibale Carracci, in particolare dai suoi disegni.

Sant'Onofrio al Gianicolo - 3 Il Chiostro

Dal portico si accede al chiostro, di pianta rettangolare con arcate a tutto sesto su colonne più antiche sovrastate da una galleria porticata. Le lunette sulle pareti presentano il ciclo con le Storie della vita di sant’Onofrio. L’autore di questi affreschi è stato dibattuto per lungo tempo, arrivando alla conclusione che l’esecuzione delle opere provenga da una commistione di diverse mani, prime fra tutte quelle di Vespasiano Strada. Altre opinioni della critica farebbero risalire i primi quattro affreschi del ciclo al Cavalier d’Arpino. Di certo la datazione è tra il marzo 1599 e il giugno 1601. La certezza della presenza di Strada viene data da un documento che attesta il pagamento, risalente all’8 aprile 1601, effettuato a beneficio di quest’ultimo.

Venendo alla chiesa, nel portale d’ingresso si trova un affresco raffigurante le Sibille, il cui autore è stato per molto tempo discusso; già dal XVII secolo l’attribuzione veniva fatta ricadere su Agostino Tassi, pittore noto e molto attivo che nel periodo finale si avvicinò al classicismo carraccesco del Domenichino e la cui vita fu segnata dal grave episodio dello stupro su Artemisia Gentileschi, per il quale fu condannato, costringendosi all’esilio. A partire dal secolo successivo l’opinione circa l’autore dell’affresco del portale cambiò, mettendosi in luce come esso potesse individuarsi in Giovanni Baglione. L’opinione generale della critica non si trovò mai concorde unanimemente sull’uno o sull’altro autore. La datazione è stata però comunemente accettata, facendola risalire al 1620.

All’interno della chiesa, sull’altare, si trova la Natività di Francesco Bassano il Giovane, un quadro certamente «di ottimo colorito» (Nibby, 1839) ma – per dirla con Ortolani nella sua scheda del 1925 – né vistoso né grande. Al centro dell’opera si può ammirare la raffigurazione di Gesù bambino adagiato sulla paglia e ai suoi lati la Vergine, a sinistra, e i pastori, a destra, in cerchio.

Guardando la navata centrale, chiusa da un’abside poligonale, si passano cinque cappelle laterali, due a destra, tre a sinistra: la prima cappella a destra presenta un affresco dell’Annunciazione di Antoniazzo Romano, affresco messo in relazione a quello presente nella Camera di S. Caterina alla Minerva che presenta lo stesso soggetto. La seconda cappella, sempre a destra, conserva la pala d’altare con la Madonna di Loreto di Annibale Carracci e l’Incoronazione della Vergine, probabilmente eseguita dalla scuola di quest’ultimo, opera posizionata in prossimità di altre pitture di Giovanni Battista Ricci. Tra le opere di quest’ultimo troviamo la Pentecoste, eseguita circa nel 1604, per la quale la committenza fu del cardinale Carlo Gaudenzio Madruzzo, principe-vescovo di Trento che si trasferì poi a Roma nel 1620.

Abside S Onofrio - 1 L'Abside

Alla fine della navata l’abside è decorata da alcuni affreschi rappresentanti le Storie di Maria: in alto, ad opera di Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, abbiamo: IncoronazioneApostoliAngeli e tondo con Padre Benedicente. Nella parte inferiore invece ci sono le opere del Peruzzi: Adorazione dei magiFuga in Egitto e Sacra conversione con donatore.

L’attribuzione di questo ciclo al Peruzzi è stato tortuoso: inizialmente essa venne ricondotta al Pinturicchio - per la sua cifra artistica che si dispiega nella descrizione dettagliata e elegante, e per l’accento di pittura perfetta ma senza pathos - per poi passare, nel corso degli anni, ad altri artisti come Amico Aspertini e Jacopo Ripanda. Allo stato attuale però, la critica si trova d’accordo nell’attribuire a Baldassarre Peruzzi, che dal Pinturicchio venne certamente inizialmente influenzato nello stile, l’ideazione del complesso. É chiaro quindi il riferimento al pittore umbro ma anche al leonardismo lombardo, per via delle suggestioni del Sodoma, al quale il Peruzzi egualmente si richiamava. Per quanto riguarda la committenza, si è quasi certi che provenga da Bernardino De Cupis, legato alla famiglia Della Rovere e scrittore apostolico per la curia romana; questa ipotesi è sostenuta concentrando l’analisi sulla figura maschile che indossa l’abbigliamento proprio della carica ricoperta dal De Cupis: il personaggio è inginocchiato e si trova nel riquadro centrale del registro inferiore.

Nell’ultima cappella sulla sinistra vi sono i monumenti funebri del cardinal Sega con il ritratto opera del Domenichino e del cardinal Mezzofanti.

La prima cappella a sinistra invece presenta il monumento funebre del poeta Torquato Tasso, la vita del poeta infatti finirà, come già detto, proprio in questo luogo.

Non può non essere qui narrato il fatto che la chiesa, oltre a presentare le numerose opere d’arte che abbiamo ricordato, costituisca la tappa finale della vita di questo importante poeta italiano che arrivò in questo luogo nel novembre del 1594 da Napoli grazie alla promessa, mai realizzatasi, di papa Clemente VII che egli sarebbe stato incoronato con il lauro dei poeti in Campidoglio.

Del Tasso, in quest’anno giubilare, vale la pena ricordare che egli era stato pellegrino illustre a Roma, nella città della Controriforma, per l’Anno Santo del 1575, indetto da papa Gregorio XIII,  avendo completato all’inizio di quell’anno la Gerusalemme Liberata, allora intitolata Il Goffredo, e che egli, come racconta C. Rendina, «lucrò il giubileo nel vivo di una depressione religiosa, tanto che ritenne il poema non in linea con lo spirito della Controriforma e per questo lo sottopose al giudizio dell’Inquisizione», venendo naturalmente assolto.

A due passi dal convento infatti è stata monumentalizzata la Quercia del Tasso, sotto la quale si dice che «lo sventurato poeta si tratteneva lungamente (…) a meditare e forse a comporre versi», secondo le parole di W.Pocino, il quale ricorda pure che «essa è legata anche al ricordo di S. Filippo Neri che vi riuniva i suoi vivaci fanciulli».

Tornando verso l’atrio, partendo dal chiostro, ci si imbatte nel museo Tassiano, che venne allestito dal Governatorato di Roma. Il museo raccoglie cimeli, manoscritti, antiche edizioni e traduzioni del poeta, oltre alla maschera funeraria e alla lapide tombale proveniente dalla chiesa, dove, come abbiamo già detto, il poeta è sepolto.

Nelle lunette del museo, si trova un affresco raffigurante la Madonna con bambino e donatore, una copia ottocentesca dell’opera che Cesare da Sesto eseguì durante suo soggiorno romano tra il 1508 e il 1512.

Il Governatorato di Roma è dunque il responsabile dell’allestimento del museo, che nel 1930 venne dato in proprietà alla S. Sede. Dal 15 Agosto 1945, poi, la Chiesa e il cenobio di S. Onofrio al Gianicolo passarono sotto il controllo dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, grazie al Motu proprio del Sommo Pontefice Pio XII – colui che, con la sua Lettera Apostolica del 14 Settembre 1949 acconsentì all’elezione dell’Ordine come persona giuridica pubblica nell’ordinamento canonico.

 

Chiara Marini Elisei

 

(Dicembre 2024)