«L’incontro di Bari vuole essere il cantiere di un sentiero di pace»

Intervista con il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e Priore dell’Ordine

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Dal 19 al 23 febbraio, Bari accoglierà i vescovi cattolici dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo per l’incontro “Mediterraneo, frontiera di pace”. A meno di due anni di distanza dalla sua ultima visita nel capoluogo pugliese per partecipare all’incontro ecumenico di riflessione e preghiera per la pace con molti responsabili delle Chiese e comunità del Medio Oriente a luglio del 2018, Papa Francesco raggiungerà i vescovi domenica 23 febbraio e presiederà la Messa conclusiva. Abbiamo chiesto al cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana che organizza l’incontro e Priore dell’Ordine del Santo Sepolcro, di condividere qualche pensiero prima dell’inizio dei lavori ai quali parteciperà anche Mons. Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme e Pro Gran Priore dell’Ordine, per portare l’esperienza della Chiesa di Terra Santa.

Eminenza, come programmate di portare avanti la discussione durante l’incontro di fine febbraio per lasciare sufficiente spazio alle situazioni specifiche delle varie Chiese presenti nell’area mediterranea sottolineando allo stesso tempo l’unità ecclesiale?

È questo un incontro di Vescovi che hanno a cuore il Mediterraneo concreto e non un sogno di Mediterraneo. Un incontro di pastori del gregge, che rispecchiano quella Chiesa mediterranea che rappresenta il cuore pulsante della storia primigenia del Cristianesimo. Ed è un momento di confronto basato sull’ascolto e sul discernimento comunitario, per valorizzare appieno il metodo sinodale che già si fa prassi concreta nel portare a ragionare comunitariamente sui grandi problemi di quest’area vasta che La Pira, profeticamente, definì “Il grande lago di Tiberiade”.

Non si può oggi infatti sostenere che i conflitti che avvengono in regioni lontane non ci riguardino, non si può pensare che la crisi di un Paese non riguardi anche gli altri. Si tratta di un errore clamoroso e dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche. Il Mediterraneo rappresenta la culla di una civiltà in cui il Cristianesimo è senza dubbio tra i soci fondatori.

Per questo motivo, come Chiese del Mediterraneo, abbiamo il dovere morale di impegnarci per promuovere luoghi di incontro e di pace e, ancora di più, questo ci investe di un’ulteriore responsabilità: siamo cristiani, naturalmente fratelli e ciascuno ha il dono e l’impegno di portare il proprio contributo in termini di attenzione e di com-passione per dialogare a più voci senza sovrastare, senza gridare, senza mugugnare. È necessaria una narrazione nuova che può partire solo da un elemento di base: lo sguardo condiviso.

Questo è il secondo incontro a Bari che riunisce leader religiosi dell’area mediterranea, concentrandosi sulla componente cristiana. In che modo sono questi due incontri collegati e quali sono stati i passi fatti in questo tempo?

“Mediterraneo, frontiera di pace” non è un grande convegno scientifico-culturale e nemmeno una conferenza in cui si sperimentano nuove forme di dialogo interreligioso. Si tratta, invece, di qualcosa di diverso e di speciale, per molti aspetti unico, che racchiude sicuramente anche aspetti culturali e religiosi, ma che rimanda, soprattutto, al nostro modo più autentico di vivere e di essere Chiesa e che cercherà di compiere un piccolo passo verso la promozione di una cultura del dialogo e la costruzione della pace in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo.

Mai come oggi, infatti, c’è un enorme bisogno di pace. Pace nei nostri cuori, indubbiamente, ma anche pace per tutti quei migranti che trovano la morte nel Mediterraneo e pace per tutte quelle famiglie che in ogni Paese in guerra hanno perso tutto: gli affetti, la casa, la vita. Ed è la pace il filo ideale unisce i due incontri.

L’Ordine del Santo Sepolcro, di cui lei è Priore, è storicamente legato in maniera privilegiata alla diocesi patriarcale di Gerusalemme. In che modo può essere di maggior sostegno al cammino che andrete a delineare?

Continuando a essere convinti e sinceri ambasciatori di pace! Questa non è soltanto assenza di guerra ma impegno a promuovere la dignità della persona umana.

Papa Francesco a Bari, nel 2018, ha detto che “la speranza ha il volto dei bambini”. E ha poi aggiunto: “In Medio Oriente, da anni, un numero spaventoso di piccoli piange morti violente in famiglia e vede insidiata la terra natia, spesso con l’unica prospettiva di dover fuggire”. Questa è senza dubbio “la morte della speranza”. Per opporsi concretamente a queste atrocità bisogna aprire, come ha detto Francesco, dei “sentieri di pace” dove si possa volgere “lo sguardo a chi supplica di convivere fraternamente con gli altri”.

L’incontro di Bari del febbraio 2020 vuole essere proprio questo: il cantiere di un sentiero di pace. Ecco, l’Ordine del Santo Sepolcro può condividere e sostenere questo cantiere.

Quali sono le sue aspettative avvicinandosi alla data dell’incontro?

Non ci sono risultati preordinati e non mi aspetto di raggiungere obiettivi strabilianti. Sono pronto ad accogliere, però, tutto quanto lo Spirito Santo saprà suscitare in un confronto e in una discussione che, sono sicuro, avverrà con franchezza e spirito fraterno.

Oggi una parte della società non ricorda più gli insegnamenti che Paolo VI condensava con un’espressione impegnativa: costruire “una civiltà dell’amore”. Il mondo contemporaneo non ha più memoria di ciò che è stato e non ha più dimestichezza con la dimensione della storia che presuppone un “prima” e un “dopo” le nostre esistenze e vive, invece, in un presente ossessivo, dominato da un “io assoluto” che rende ciechi di fronte alle sfide del mondo contemporaneo.

Invece il Mediterraneo è sempre stato il mare in mezzo alle terre, il mare in mezzo ai Continenti e, per questo, non è possibile leggere realisticamente tale spazio se non in dialogo e come un ponte - storico, geografico, umano - tra l’Europa, l’Africa e l’Asia. Attorno ad esso si sono sviluppate nel passato circa 20 civiltà che sono tra le più importanti del mondo. È la patria di Abramo e delle tre religioni monoteistiche; è il mare di Gesù, che è della Galilea, degli apostoli ed è anche il luogo dove è nata la prima evangelizzazione.

Ebbene, di fronte ai problemi che ora sono nel mondo, di fronte ai problemi della pace, delle migrazioni, delle differenze sociali e della povertà, noi dobbiamo confrontarci concretamente partendo da quanto i nostri Padri già sapevano e che ora pare dimenticato: se vogliamo che le sponde si tocchino, dobbiamo tendere le nostre mani.


Intervista a cura di François Vayne ed Elena Dini


(18 febbraio 2020)