Per una spiritualità dell’Ordine del Santo Sepolcro

Mons. Caputo presenta il libro del Gran Maestro sulla spiritualità dell’Ordine: « E tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento»

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Spiritualità

In questo periodo in cui ci troviamo immersi nella prova della pandemia e la sofferenza s’insinua nella carne e nel cuore, non dobbiamo lasciarci fermare dalle difficoltà che viviamo, sapendo che, in virtù della fede, siamo chiamati ad esprimere in modo visibile la nostra appartenenza alla famiglia dei figli di Dio. Abbiamo il compito di “offrire un supplemento d’anima, offrire un senso, dare un orientamento, indicare una rotta, una luce in questa notte che è scesa su di noi. Chi dona tutto questo è una Persona: Gesù Cristo”[1].

In tale contesto, leggendo con attenzione il volume di Sua Eminenza il Cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, sulla spiritualità dell’Ordine, si può entrare nelle motivazioni profonde che devono animare ogni Membro di una grande famiglia, sparsa in tutto il mondo: circa trentamila Cavalieri e Dame.

Troppe volte gli uomini del nostro tempo misurano la bontà delle loro azioni su un principio efficientistico. Tutto è concentrato sul risultato. Questa visione condiziona sovente anche la vita delle comunità cristiane. Immaginiamo, ad esempio, il caso di una Parrocchia dove si organizzano tanti eventi, ma slegati dalla missione propria che è far «riscoprire la vocazione di ogni battezzato a essere discepolo di Gesù e missionario del Vangelo»[2]. C’è sempre bisogno di una continua conversione pastorale perché ogni realtà ecclesiale diventi «inclusiva, evangelizzatrice e attenta ai poveri»[3].

Papa Francesco nell’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” ha insistito sulla necessità di una «presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione»[4]. Il Santo Padre parla di adorazione e celebrazione, dunque di preghiera, perché è da lì, dalla contemplazione orante, fonte di vita, che nasce ogni nostra opera. Preghiera e non mera azione.

C’è dunque bisogno innanzitutto di spiritualità e, soltanto dopo, di azione per la vita di ogni realtà ecclesiale. Il Servo di Dio Don Oreste Benzi ha spesso pronunciato al riguardo una frase folgorante: “Per stare in piedi, bisogna saper stare in ginocchio”.

 

Il Cardinale Filoni, con la premura del buon pastore, indica la strada con il suo libro che trae il titolo dall’episodio evangelico di Gesù, accolto in casa da Lazzaro, Marta e Maria (Gv 12,1-8): “E tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento”[5].

Nel rivolgere un appello a tutti i battezzati a vivere da risorti, portando la luce della speranza, questa pubblicazione può essere considerata, in modo particolare per i Membri dell’Ordine, un “faro” spirituale nel viaggio della vita.

Nel sottotitolo è chiarito l’intento del volume: “Per una spiritualità dell’Ordine del Santo Sepolcro”. «È l’Ordine stesso – scrive il Cardinale nell’introduzione – a dare primaria importanza alla vocazione alla santità dei suoi Membri e aspira a essere strumento di sviluppo e di approfondimento per il progresso spirituale di ognuno nell’ambiente in cui la fede è praticata e vissuta nei suoi contenuti»[6].

Tutti noi credenti siamo chiamati a diventare santi.

La santità non è infatti una meta raggiungibile solo da coloro che potremmo qualificare come super-uomini o super-donne. La strada è percorribile da tutti, anzi è meglio parlare di “strade” per la santità, al plurale. La meta è unica, ma non i sentieri per raggiungerla.

I Cavalieri e le Dame hanno ricevuto il dono di individuare il proprio cammino di santità, in modo particolare, nel vivere i fini dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che sono strumento del fine ultimo: la salvezza, l’abbraccio con il Padre di cui vedremo il Volto. Il Gran Maestro, ancora nell’introduzione, cita il discorso che Papa Francesco rivolse ai Membri della Consulta dell’Ordine il 16 novembre 2018: «Di certo la continua crescita dell’Ordine dipende dal vostro incessante e sempre rinnovato impegno. A tale riguardo, è importante non dimenticare che lo scopo principale del vostro Ordine risiede nella crescita spirituale dei suoi membri. Pertanto, qualsiasi successo delle vostre iniziative non può prescindere da adeguati programmi formativi religiosi rivolti a ciascun Cavaliere ed a ciascuna Dama, affinché consolidi il proprio imprescindibile rapporto con il Signore Gesù»[7]. Le parole del Papa sono dense di Vangelo. Nulla potremo mai fare se, come tralci, non rimaniamo innestati nella vite, Cristo Salvatore.

Preghiera e azione, contemplazione e servizio, sono incarnati dalle figure di Marta e di Maria nell’episodio evangelico ambientato a Betania. «Maria prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv 12,3). Il Cardinale Filoni utilizza una bellissima immagine quando ricorda che «l’adesione all’Ordine ci permette di continuare la stessa opera di Maria di Betania, ossia di ungere anche noi il “Corpo di Cristo”, che è la Chiesa, nella quale Gesù ora vive»[8].

Il Gran Maestro si riferisce in particolare «alla Chiesa Madre di tutte le Chiese, quella di Gerusalemme con i suoi fedeli, i pellegrini, i rifugiati, i poveri che Gesù ha lasciato a noi»[9]. È lì, a Gerusalemme, che l’umanità, in Cristo crocifisso, si trova a guardare in faccia le tenebre della morte, conseguenza del proprio peccato. Tutto sembra finito in quell’ultimo respiro esalato sul Legno santo. Ma è sempre lì, ancora a Gerusalemme, che la luce del Cristo Risorto irrompe nella storia dell’uomo. La strada è segnata. La morte non ha avuto l’ultima parola. Il Cardinale racconta quelle ore e quei giorni che dirimono e redimono la storia dell’uomo. Sono ore e giorni decisivi che si compiono tra uomini e donne, che incarnano tutti noi, alcuni nelle nostre fragilità, altri nel nostro desiderio di salvezza che si fa sequela di Cristo.

A tutti noi è chiesta una scelta, tra un “sì” convinto alla chiamata a seguire il Maestro e un “no”, talora dichiarato a parole, in altri casi di fatto, forse nascosto dietro un tiepido segno di consenso. Sembra quasi che Gesù ripeta a noi la stessa domanda che pose a Maria di Magdala, prima testimone a vederlo risorto: «Chi cerchi?» (Gv 20,15). «Chi cerchi? Chi cercate? – commenta il Gran Maestro – Una Dama e un Cavaliere del Santo Sepolcro: che cosa cerca nell’Ordine del Santo Sepolcro? Penso che almeno una volta ci si ponga questo interrogativo. Conviene allora ubicarsi mentalmente davanti al sepolcro vuoto e fare la medesima esperienza emozionante di Maria di Magdala, magari in occasione del pellegrinaggio che almeno una volta nella vita siamo invitati a compiere in Terra Santa: Perché sono qui? Che cosa sono venuto a fare? Chi cerco?»[10]. Il pellegrinaggio stesso indica il profondo desiderio di incontrare de visu il Figlio di Dio, lo stesso desiderio che i greci esplicitarono a Filippo: «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). Questo bisogno interiore che ci porta a metterci viaggio per visitare almeno i luoghi dove il Signore visse e compì opere grandi nasce nel cuore di chi ha una vita spirituale, la quale genera anche il desiderio di testimoniare il Vangelo con il proprio esempio.

Gesù Risorto saluta i discepoli con le parole «Pace a voi» (Gv 20,19). Il Cardinale si sofferma su quell’espressione perché è spesso evidente il contrasto tra una terra benedetta dal passaggio di Cristo e i frequenti conflitti che la affliggono[11]. Anche in questo senso i Membri dell’Ordine, ponendosi sempre in dialogo con il Vangelo, loro nutrimento quotidiano, sono chiamati ad essere un segno di contraddizione. Ecco perché, guardando a quei Luoghi sacri, sono chiamati – come rileva il Gran Maestro – a «favorire l’inclusività dei diritti di tutti coloro che vi abitano e dei pellegrini; il rispetto dei diritti, infatti, rappresenta il lastricato per il cammino della pace in Terra Santa. Siamo impegnati anche noi a “detergere” una lacrima per la Terra e la città del gran Re»[12]. È d’altra parte nella Gerusalemme terrena che dovremmo vedere l’immagine della Gerusalemme celeste, spoglia ormai delle vesti del lutto e dell’afflizione, vestita di luce.

Il viaggio in Terra Santa non sarebbe che un viaggio come tutti gli altri se non fosse colmato di significati che solo una vita di fede autentica, inondata dalla grazia, può dare. Il Cardinale ci accompagna, con la sua penna, sulla strada da Gerusalemme a Emmaus (Lc 24,13-35), dove due discepoli non riconoscono Gesù; davanti al mare di Galilea (Gv 21,1-23), sulla barca di Pietro; al pozzo di Giacobbe (Gv 4,1-29) dove una donna di Samaria attinge acqua che disseta solo per un tempo limitato[13]. In questo senso anche il libro è un viaggio che apre il nostro sguardo ad osservare più a fondo, scandagliando l’agire e le parole dei protagonisti del racconto evangelico, diradando qualche velo di nebbia che c’impedisce di vedere la luce che scaturisce radiosa dalla Parola di Dio.

 

Se la prima parte del volume è dedicata alla dimensione biblica della spiritualità, la seconda si sofferma sulla dimensione ecclesiologica[14].

La vita di ogni membro della Chiesa, ancora di più la vita di chi fa parte dell’Ordine del Santo Sepolcro, è sostenuta da una triplice colonna portante: l’ascolto della Parola di Dio senza di cui «si resterebbe aridi e formalisti»[15], la preghiera e l’Eucarestia. Li potremmo chiamare dolci vincoli d’amore.

Si può dire forse di avere fede senza la preghiera? La preghiera è certamente atto di affidamento così come la partecipazione all’Eucarestia e la sua adorazione (ancora una volta sull’esempio di Maria di Betania). È nell’Eucarestia, sacrificio perfetto, sacro convito, atto di benedizione e di ringraziamento, che si vive il senso della comunione fraterna. Una fraternità in Cristo Gesù che davvero non conosce limiti e va oltre ogni chiusura.

Papa Francesco scrive, nell’Enciclica “Fratelli tutti”: «Davanti alla tentazione delle prime comunità cristiane di formare gruppi chiusi e isolati, San Paolo esortava i suoi discepoli ad avere carità tra di loro “e verso tutti” (1 Ts 3,12); e nella comunità di Giovanni si chiedeva che fossero accolti bene i “fratelli, benché stranieri” (3 Gv 5). Tale contesto aiuta a comprendere il valore della parabola del buon samaritano: all’amore non importa se il fratello ferito viene da qui o da là. Perché è l’“amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa […]. Amore che sa di compassione e di dignità”»[16].

È per questo che la fraternità, anche quella vissuta all’interno dell’Ordine, tra chi ne è membro, è autenticamente tale solo se si è capaci di aprirsi all’altro, a tutti gli altri. Le nostre chiese devono allargare le porte e noi stessi dobbiamo saper uscire dalle sagrestie. Non è una costrizione o un obbligo, derivante – per i Membri dell’Ordine – dallo Statuto, che pure si sofferma sulla carità, ma è un bisogno interiore, per tutti i cristiani, che nasce dall’amore per il Signore e da una vita di profonda spiritualità. È un’urgenza dello spirito che sgorga dalla preghiera.

La carità non è nemmeno un mero atto di filantropia.

Il Cardinale Filoni, che dedica al tema uno dei paragrafi del libro[17], commentando la parabola del buon Samaritano (Lc 10,25-37) , ricorda ancora le parole del discorso di Papa Francesco ai Membri della Consulta nel 2018: l’Ordine non è «un ente filantropico impegnato a promuovere il miglioramento materiale e sociale dei destinatari». E commenta spiegando che «aderire all’Ordine (…) significa (…) avere il convincimento del valore spirituale della propria adesione e, al tempo stesso, dell’altissima valenza della carità. Questa duplice percezione non dovrebbe mai venir meno. L’essere “Cavaliere” o “Dama” dell’Ordine del Santo Sepolcro implica sviluppare il menzionato duplice profilo radicato nella fede in Cristo morto e risorto, senza far dipendere l’adesione o meno da fatti occasionali, da aspetti personalistici o da crisi presenti in ogni organizzazione»[18].

Giova ricordare l’esempio del Beato Bartolo Longo, primo Cavaliere laico dell’Ordine del Santo Sepolcro ad aver raggiunto l’onore degli altari, che il Gran Maestro non manca di menzionare nel riportare una citazione del Messaggio di San Giovanni Paolo II alla Consulta del 16 ottobre 2003[19]. Possiamo dire che Bartolo Longo in nome della carità annullò sé stesso. Quante opere realizzò a Pompei, a cominciare dall’edificazione del Santuario, oggi centro internazionale di spiritualità al quale guarda il mondo! Quando, nell’ottobre 1872, da giovane Avvocato, arrivò nell’allora abbandonata “Valle di Pompei”, non vi era nulla se non un gruppo di briganti e la malaria che rendeva precaria la vita di pochi contadini senza istruzione. Insieme alla Basilica, il Beato fondò anche le Opere di carità, rivolte in modo speciale a sollevare dalle pene dell’indigenza e dai pericoli della strada orfani e figli di carcerati. Eppure, anche dinanzi a tale grandezza di opere realizzate, continuò a sentirsi un servo inutile. Aveva fatto quanto doveva fare[20].

Anche i Membri dell’Ordine devono far proprio e mettere in pratica il “sentire cum Ecclesia”[21], del quale parla Sant’Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi Spirituali. «L’immagine della Chiesa che mi piace – commentò Papa Francesco in un’intervista resa a padre Antonio Spadaro il 19 agosto 2013 – è quella del santo popolo fedele di Dio. È la definizione che uso spesso, ed è poi quella della “Lumen gentium” al numero 12. L’appartenenza a un popolo ha un forte valore teologico: Dio nella storia della salvezza ha salvato un popolo. Non c’è identità piena senza appartenenza a un popolo. Nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae considerando la complessa trama di relazioni interpersonali che si realizzano nella comunità umana. Dio entra in questa dinamica popolare». Quel “sentire cum Ecclesia” dovrà essere la bussola anche per ogni Dama o Cavaliere. Ed è ancora una volta dal libro del Cardinale, radicato sì nel Vangelo, ma anche sui testi del Magistero della Chiesa, che si può trarre questa ulteriore indicazione su come vivere l’appartenenza all’Ordine.

Si può dire che ogni suo membro dovrebbe tenere questo volume sulla propria scrivania e consultarlo spesso per trovarvi le ragioni profonde e i modi del proprio essere Cavaliere o Dama. È come se ogni riga svelasse il senso dell’essere nell’Ordine, ma ancora prima dell’essere in Cristo e nella Chiesa.

Senza dubbio tutto ciò è molto esigente. Questo potrebbe generare paura, timore di non farcela. Abbiamo però una certezza: il Signore è con noi, non ci lascia soli.

Il Signore ci ha dato la Madre, alla quale ci ha affidati sotto la Croce, prima di spirare (Gv 19,25-27). «Gesù – scrive il Cardinale – affida sua madre a Giovanni; si noti che questa fu l’ultima preoccupazione umana del Signore, il quale può ora rimettere tutto nelle mani del Padre e morire avendo compiuto tutto, proprio tutto, anche l’affidamento di Maria a una persona fidata perché non rimanesse sola e qualcuno se ne occupasse come nuovo figlio»[22]. Affidò Maria a Giovanni, ma più ancora Giovanni, e l’umanità tutta, a Maria. È intorno a lei che gli apostoli si ritrovano in preghiera, nell’attesa dello Spirito Santo. All’intercessione di colei che Papa San Paolo VI proclamò “Madre della Chiesa” e che l’Ordine venera con il titolo di “Nostra Signora Regina della Palestina”, possiamo affidare la nostra vita, le nostre buone intenzioni e le nostre opere.

Infine un pensiero di gratitudine e di riconoscenza va espresso al Gran Maestro, il Cardinale Fernando Filoni, che ancora una volta, con questa pubblicazione, mostra la sua carità pastorale e, in particolare, la sua premura per ogni Cavaliere e ogni Dama dell’Ordine, tutti chiamati a prendersi cura del “Corpo di Cristo” che è la Chiesa e a camminare nella santità, rendendo la propria vita un capolavoro.

 

+Tommaso Caputo

Arcivescovo Prelato di Pompei e Delegato Pontificio per il Santuario

                                                              Assessore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

 

(Pompei, 26 marzo 2021)

 

 

[1] Con prudenza e coraggio creativo, Messaggio del 2 febbraio 2021 dei Vescovi della Campania ai presbiteri e a quanti sono impegnati nella difficile ripresa delle attività pastorali, n. 2.

[2] Congregazione per il Clero, Istruzione, La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa, (29 giugno 2020), n. 11.

[3] Cfr. ibid., nn. 27-33.

[4] Francesco, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium (24 novembre 2013), n. 28.

[5] Fernando Filoni, E tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento, Libreria Editrice Vaticana, 2021.

[6] Ibid., p. 5.

[7] Ibid. pp. 5- 6.

[8] Ibid., p. 14.

[9] Idem.

[10] Ibid., p. 28.

[11] Ibid., p. 33.

[12] Ibid., p. 35.

[13] Ibid., pp. 37-45.

[14] Ibid., p. 47.

[15] Ibid., p. 53.

[16] Francesco, Enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 62.

[17] Fernando Filoni, op. cit., pp. 56-62.

[18] Ibid., pp. 61-62

[19] “Siate costruttori di amore e di pace, ispirandovi nella vita e nelle opere al Vangelo e specialmente al Mistero della passione e della risurrezione di Cristo. Vostro modello sia Maria, la Madre dei credenti, sempre pronta ad aderire con gioia alla volontà di Dio. Invocatela ogni giorno con la bella e tradizionale preghiera del Rosario, che aiuta a contemplare Cristo con lo sguardo della sua Madre. Questo sarà per voi fonte di crescita, come avvenne per il beato Bartolo Longo, vostro illustre confratellocit. in ibid., pp. 74-75.

[20] cfr Antonio Illibato, Bartolo Longo – dal Salento a Pompei – La carità che fa nuova la storia, Libreria Editrice Vaticana-Edizioni Santuario di Pompei, 2017.

[21] Fernando Filoni, op. cit., pp. 62-75.

[22] Ibid., p. 78.