La vivacità delle Chiese in Terra Santa attraverso le parole dei Vicari patriarcali

Print Mail Pdf

All’inizio di luglio 2021, Sua Beatitudine il Patriarca Pizzaballa ha nominato Mons. William Shomali Vicario generale, affinché lo aiuti nella guida della diocesi di Gerusalemme, sostituendolo in Giordania con Padre Jamal Khader, che è diventato Vicario patriarcale residente ad Amman. In Israele, Padre Rafic Nahra ha assunto la carica di nuovo Vicario patriarcale a Nazareth. Il nuovo responsabile del Vicariato per i migranti è ora Padre Nikodemus Schnabel, religioso benedettino tedesco, mentre il referente del Vicariato San Giacomo per i cattolici di lingua ebraica è Padre Piotr Zelazko, sacerdote polacco. A marzo 2022 Padre Daibes e Padre Nahra sono stati nominati Vescovi Ausiliari.

Intervista a più voci con Mons. William Shomali, Vicario Generale della diocesi di Gerusalemme, Mons. Jamal Daibes, Vicario patriarcale in Giordania, e Mons. Rafic Nahra, Vicario patriarcale a Nazareth, in Israele.

Shomali Khader Rafic

Qual è, per ciascuno di voi, il pensiero di gratitudine che conservate nel cuore dopo questi anni di servizio e dopo la grande missione compiuta?

 

Mons. William Shomali: Ringrazio il Signore per i quattro anni e mezzo di servizio trascorsi in Giordania. Ho potuto conoscere meglio l’altra parte della diocesi, che conta la maggioranza dei nostri fedeli di rito latino. Conservo il ricordo di chiese piene, soprattutto la domenica e il sabato sera, così come di belle corali, specie a Tla el Ali, Webdeh, alla scuola di Shmeisani, a Sweifieh, Zerka, Madaba e Jubeiha. Serbo nel cuore l’immagine della nuova chiesa parrocchiale di Jubeiha, costruita con l’aiuto di Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro, un edificio che può accogliere 1000 persone sedute. È la più grande e bella chiesa di Giordania! Grazie ai Cavalieri e alle Dame dell’Ordine, nonché al Gran Magistero.

Non dimenticherò la solida collaborazione fra sacerdoti, diaconi e accoliti, né tantomeno l’addio affettuoso di fedeli e amici venuti al Vicariato prima della mia partenza per salutare me e il mio successore, padre Jamal Khader.

Vorrei ringraziare il Signore che mi ha sostenuto, in particolare nelle seguenti iniziative.
Appena arrivato in Giordania, ho appreso di un grande problema fra due tribù cristiane del sud. Vi erano minacce di morte, desiderio di vendetta e divisioni malefiche. Con l’aiuto del Vicariato Latino di Amman e di alcuni sacerdoti del Patriarcato che hanno agito a favore della riconciliazione, questa storia ha avuto un lieto epilogo. Per non dilungarmi troppo, invito i lettori a consultare il sito del Patriarcato (https://www.lpj.org/it/posts/riconciliazione-storica-tra-due-grandi-famiglie-cristiane-della-giordania.html).

Otto diaconi permanenti aiutano i sacerdoti in diverse parrocchie. Abbiamo avuto l’esigenza di convocare degli accoliti per distribuire la comunione durante le messe domenicali e il primo venerdì del mese ai malati. Si sono presentati ventuno candidati. Dopo un periodo formativo di un anno, hanno ricevuto il ministero di lettorato e accolitato. Si tratta di persone tutte coniugate, lavoratrici, giovani, entusiaste e che danno soddisfazione con il loro contributo volontario.

Nel 2017, abbiamo riattivato il Consiglio dei Capi delle Chiese di Giordania. Vescovi e rappresentanti ecclesiastici si riuniscono sei volte l’anno per discutere delle sfide che i cristiani devono sostenere. Insieme, abbiamo potuto affrontare la pandemia, soprattutto per quanto concerne apertura e chiusura delle case di preghiera, nonché lavorare su un libro di catechismo che sarà proposto al governo in vista dell’insegnamento a tutti gli studenti cristiani nelle scuole pubbliche e private. Sempre dal governo, abbiamo anche ottenuto un lotto di terreno che diventerà un cimitero per i cristiani della zona nord di Amman.

La Giordania conta undici milioni di abitanti, di cui meno del 2% è cristiano. Gli altri sono musulmani sunniti. Un importante organismo è l’Istituto reale del dialogo interreligioso, fondato e presieduto dal principe Hasan Bin Talal, zio dell’attuale re. Come da tradizione, il vescovo latino di Amman è il vicepresidente dell’Istituto. Bisogna sempre rammentare il sostegno che la famiglia reale offre alla minoranza cristiana di Giordania. Molte riunioni interreligiose si svolgono fra il questo Istituto reale e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Il dialogo è fondamentale in questo periodo contrassegnato dal radicalismo musulmano e dall’Islam politico.

A causa dei debiti che hanno stigmatizzato l’America University of Madaba (AUM) durante la sua costruzione e che il Patriarcato ha dovuto saldare vendendo dei terreni, non era allettante diventare all’improvviso presidente del Consiglio d’amministrazione! Ho accettato soltanto per senso del dovere. L’aiuto proposto dai laici fedeli al Patriarcato ha dato i suoi frutti lentamente. Il numero di studenti è aumentato e sono stati avviati nuovi programmi, fra cui il recente master in gestione dei rischi. Un collegio universitario femminile - costruito grazie ai Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro - accoglie attualmente 70 studentesse. Speriamo che l’università rinasca e diventi fiorente.

Shomali Khader Rafic_2

Mons. Jamal Khader Daibes: Dopo dieci anni di servizio all’Università di Betlemme come responsabile del dipartimento di Scienze religiose e quattro anni in qualità di rettore del Seminario, ho trascorso quattro anni da curato nella parrocchia della Sacra Famiglia a Ramallah. Questo lungo periodo mi ha permesso di lavorare alla formazione di laici, seminaristi e catechisti. A Ramallah, sono stato direttore della scuola parrocchiale (per due anni), dopodiché direttore generale delle scuole del Patriarcato (per altri due anni). “Il raccolto è abbondante” (Mt 9, 37), dice il Signore. C’è sempre del lavoro da fare e anche se non possiamo sempre vederne i frutti, lasciamo il resto allo Spirito Santo, colui “che fa crescere le cose” (1 Corinzi 3, 7).

Ciò che conservo nel cuore è l’impazienza di annunciare la Parola all’Università, in Seminario, a scuola. La preparazione di pastori, catechisti e bravi educatori deve restare una priorità nella Chiesa locale. Il Patriarcato ha fatto grandi progressi in tal senso, grazie all’aiuto dei nostri amici Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro. Le scuole del Patriarcato rappresentano il mezzo principale per continuare la missione in Terra Santa.

Peraltro, il lavoro in parrocchia ha costituito una grazia per me. L’incontro con i parrocchiani, la somministrazione dei sacramenti, la collaborazione con i laici… tutto ciò mi ha insegnato cosa significa essere pastore. La parrocchia è una grande famiglia e la solidarietà tra fedeli contribuisce a creare unità, una comunità che vive nel Signore. La messa della domenica mi mancherà!

Shomali Khader Rafic_3

Mons. Rafic Nahra: Prima dei miei quattro anni di servizio a capo del Vicariato San Giacomo, avevo già partecipato per oltre dieci anni alla vita delle comunità cattoliche di lingua ebraica. Si tratta di piccole collettività, ma molto impegnate, con un’atmosfera familiare che ho sempre apprezzato. Anche il gruppo dei sacerdoti del Vicariato è abbastanza unito; abbiamo ideato bei progetti pastorali, specialmente per giovani e bambini. Ringrazio Dio che ci ha protetti e benedetti, consentendoci di affrontare numerose sfide. La vicinanza con il mondo ebraico si è rivelata benefica per me. Ho incontrato persone formidabili nella loro dedizione e apertura mentale. È stato altresì molto valorizzante dal punto di vista intellettuale e spirituale, a causa della ricchezza e della creatività del pensiero ebraico.

Lavorare a stretto contatto con migranti e richiedenti asilo nel corso degli ultimi quattro anni mi ha dato l’opportunità di incontrare tante persone coraggiose e generose, in situazioni di estrema povertà. Indimenticabile. È stata indubbiamente una missione difficile, poiché servire i migranti significa diventare in un modo o nell’altro attori della loro precaria condizione, dovendo far fronte a innumerevoli difficoltà materiali, amministrative e psicologiche. Tale piccola esperienza mi ha permesso di comprendere meglio le esortazioni di Papa Francesco ad accogliere, proteggere, incoraggiare e integrare i migranti. Il nostro lavoro con essi è piuttosto focalizzato su giovani e bambini. I momenti - ahimè troppo brevi - che ho trascorso assieme ai più piccoli negli asili li paragono ad un raggio di sole nell’oscurità.

 

Come affronterete le vostre nuove mansioni e quali sono le principali sfide da cogliere negli anni a venire?

Shomali 2

Mons. William Shomali: Il piano pastorale è ancora da elaborare con l’aiuto dei nostri sacerdoti e sotto la direzione del Patriarca. Vorrei lavorare per accrescere la fede di giovani e famiglie. È la cosa più importante e la ragione principale per la quale esiste la Chiesa. Grazie al supporto di preti e laici, istituiremo dei centri di educazione alla fede, come pure degli spazi biblici e catechetici. Nel prossimo futuro, dovremo collaborare al Sinodo dei vescovi, convocato da Papa Francesco sul tema “comunione, partecipazione e missione”. Di certo, io continuerò a promuovere il dialogo ecumenico e interreligioso, proseguendo l’attuazione della riforma liturgica. Come risultato dei lavori della commissione liturgica cui appartenevo, nonché grazie alla stretta collaborazione fra religiosi, sacerdoti e vescovi, avremo il nuovo messale d’altare in arabo, un’opera gigantesca di 1600 pagine, cominciata sei anni fa.

 

Jamal 2

Mons. Jamal Khader Daibes: Ho già vissuto in Giordania come pastore oltre venti anni fa! Abbiamo una comunità vivace ed attiva, e devo imparare molto su di essa. La priorità sarà il lavoro con i sacerdoti, quelli che agiscono direttamente nella vita pastorale. Grazie a loro e assieme a loro, possiamo esistere in quanto Chiesa di Giordania.

I rapporti ecumenici e interreligiosi rappresentano sempre una sfida. Come applicare l’insegnamento del Vangelo e della Chiesa nell’ambito della Giordania? Si tratta di compiere la nostra missione in questo contesto ricco e talvolta difficile.

Abbiamo venticinque scuole parrocchiali in Giordania. Assisterle nel loro compito di istituti cattolici aperti a tutti rappresenterà una priorità costante, ivi inclusi la formazione dei catechisti, il sostegno economico e la programmazione futura.

I laici sono attivi e i loro raggruppamenti risultano numerosi: giovani, scout, neo famiglie ecc. Tali movimenti laici hanno sempre bisogno del supporto ecclesiastico e di un relativo accompagnamento: essi costituiscono il tesoro della Chiesa in Giordania.

La collaborazione con l’Università di Madaba è molto importante perché si tratta dell’unico ateneo appartenente alla Chiesa in Giordania. Devo approfondire la situazione universitaria attuale, in particolare per quanto riguarda la missione e l’operato quotidiano.

Dato che non ho vissuto in Giordania per molto tempo, all’inizio la priorità sarà data all’ascolto di tutti: ascoltare sacerdoti, laici e coloro che lavorano nella vita pastorale; visitare parrocchie e incontrare gente mi aiuterà a capire meglio determinate esigenze, decidendo equamente a favore della Chiesa. Qualunque cosa verrà fatta in stretta collaborazione con il Patriarca, capo ecclesiastico di Terra Santa.

Nel Patriarcato Latino, sappiamo che la Chiesa di Terra Santa possiede una dimensione universale, cattolica. Abbiamo bisogno di aprirci a questa Chiesa universale: la carità e la solidarietà dei Cavalieri e delle Dame del Santo Sepolcro testimoniano la sollecitudine dell’intera Chiesa cattolica verso la Chiesa in Terra Santa. Noi continueremo la nostra collaborazione per il bene della stessa Chiesa e la gloria di Dio.

Khader 2

Mons. Rafic Nahra: Sono molto felice di iniziare questa nuova missione che il Patriarca mi ha affidato. Desidero incontrare in modo abbastanza sistematico le varie collettività cattoliche d’Israele: parrocchie, comunità religiose maschili e femminili, responsabili di scuole e ospedali, movimenti ecclesiastici, ecc. Vorrei incoraggiare e incrementare il lavoro in comune e una pastorale comune nella grande diversità di realtà ecclesiali presenti. Il cammino sinodale che Roma ci chiede di compiere quest’anno dovrebbe aiutare.

Vi sono per me due fondamentali priorità. Innanzitutto, la formazione teologica dei laici. Il Patriarca attribuisce notevole importanza all’apertura di un centro educativo per i nostri laici, affinché possano acquisire una maggiore conoscenza di Cristo, una devozione più profonda alla Chiesa e una migliore preparazione per operare come validi catechisti presso scuole e parrocchie. Prometto di prestare la massima attenzione a tale progetto formativo. In secondo luogo, la pastorale giovanile in Israele, che necessita di essere sviluppata e unificata. Bambini e giovani sono i pupilli della Chiesa.

Anche il dialogo interreligioso è importantissimo. Sono già affezionato a questa tematica per via delle mie precedenti missioni e desidero occuparmene.

 

Intervista a cura di François Vayne

 

(marzo 2022)